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al testo di Dereck Louvrilanm
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Scrivo cose che non richiedono partecipazione e non partecipano ad alcunché, quindi non sono competenti. Il sillogismo non spiega il termine, il legno che si accetta è scelto per l’uso, ogni termine è un buon inizio. Le parole sono volatili, migratori soprattutto se le vedi in formazione. Vanno da un continente ad un altro che può contenerle. Siamo anche nidi. Nudi fino a coniugare ascolto a ripetizione. Con niente vinco la mia sete ma perdo la misura quando verso. Per questo indico i taralli: da tempo conservo i buchi come fatti e li utilizzo circondandoli di parole che finiscono tra i denti, masticate a ripetizione. Uso una lingua a pettine, un parcheggio da cazzeggio: le papille di dubbio gusto, la cultura al dente. Bollito, io penso. Parole come impasto spesso grasso o scarno per la consuetudine dell’agio da concedere nell’esposizione, alla luce dell’avventore. Vento che scuote il senno per scoprire se contiene il seno. Contornati i buchi sono vocali negli abbracci consonanti e la stretta, la bocca, li forma a ragione. Fa testo quanto manca.
A Mimì e Cribi, con devozione.
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